Le anguille di papa Martino IV
Un grande classico della cucina del territorio del Lago di Bolsena sono le anguille alla vernaccia. Questa ricetta nasce da un curioso aneddoto che vuole come protagonista Papa Martino IV (1281 – 1285) e che viene riportato da diversi autori antichi. Uno fra tutti Dante che nella Divina Commedia lo ricorda proprio per essere ghiotto di questo piatto - non a caso lo inserisce nel girone dei golosi - e riferendosi a lui dice: "... e quella faccia di là da lui più che l'altre trapunta /ebbe la Santa Chiesa in le sue braccia / dal Torso fu, e purga per digiuno / l'anguille di Bolsena e la vernaccia"(Purgatorio, Canto XXIV, vv. 19 – 24).
La ricetta originale prevedeva che le anguille del lago di Bolsena venissero lasciate annegare nel vino di vernaccia per poi, una volta insaporite, essere arrostite con una foglia di alloro. La leggenda narra che questa prelibatezza fu proprio la causa della morte di Martino IV, tanto che fu composto questo epitaffio: “Gaudent anguillae, quia mortuus hic iacet ille, qui quasi morte reas escoriabat eas!” (Godano le anguille, perché qui giace morto colui che le scorticava quasi fossero ree di morte!).
Il binomio anguille vernaccia è ancora in uso nella cucina locale, l’unica variante è che le povere anguille vengono marinate dopo la loro cattura, ma possiamo assicurare che la bontà rimane sempre la stessa.
La Sbroscia.
È il piatto caratteristico del lago di Bolsena; per preparare questa zuppa si mette in un “pignatto”, o in un tegame di terracotta, il pesce di lago ridotto in tranci, possibilmente di specie diverse, insieme a olio, aglio, cipolla, peperoncino, patate ed erbe aromatiche secondo i gusti e si mette al fuoco per qualche minuto aggiungendo del pomodoro. Si aggiunge poi dell’acqua e si lascia cuocere lentamente fino ad ottenere un bel brodo denso. A cottura ultimata si preparano delle scodelle con pane abbrustolito o pane rassodato e ci si versa sopra la zuppa. È tuttora viva presso i pescatori l’usanza di mangiare la sbroscia con le mani.
Minestra in brodo di tinca.
Dopo aver pulito il pesce, si fa soffriggere in un tegame olio, cipolla, carota, sedano prezzemolo, aglio, sale e pepe. Si aggiunge poi la tinca e si lascia ancora soffriggere per alcuni minuti. Viene poi aggiunto il passato di pomodoro diluito con acqua sino a coprire completamente il pesce. Quando il sugo assume una certa densità lo si passa in un altro tegame aggiungendo altra acqua bollente. Tolta la tinca è pronto il brodo per la minestra che nella tradizione bolsenese è prevalentemente fatta con i tagliolini.
Coregone arrosto.
Pulire il coregone, e metterlo su una graticola, condendolo con olio e sale. A cottura ultimata aprire il pesce e condirlo con olio o salsa verde.
Il Coregone del Lago di Bolsena, detto anche lavarello, appartiene alla famiglia Salmonidea e fu introdotto nel bacino bolsenese alla fine dell'800 a seguito degli interventi di ripopolamento effettuati per conto del Ministero dell'Agricoltura. Il coregone ha carni ottime, vive in acque relativamente fresche e la sua alimentazione è a base di plancton. Il prodotto è incluso nell'elenco nazionale dei prodotti agroalimentari tradizionali con D.M. del 22 luglio 2004 - "Quarta revisione dell'elenco nazionale dei prodotti agroalimentari tradizionali".